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Arte & Cultura

Lo sciabordio delle onde al Festival di Cannes: da "Parthenope" a "La Tartaruga Rossa", cinque film presentati sulla croisette che raccontano storie di mare

Si è conclusa in questi giorni la 75esima edizione del Festival di Cannes e come ogni anno sulla Croisette ha sfilato il meglio dell’industria cinematografica attuale.

Tra i tanti, Greta Gerwig (presidente di questa edizione), una sempre stupenda Meryl Streep, Francis Ford Coppola con il cast del suo Megalopolis (Audrey Plaza, Adam Driver), David Cronenberg, Jacques Audiard con Selena Gomèz, Karla Sofía Gascón e Zoe Saldana dell’acclamato Emilia Pérez e anche, per la settima volta in gara, Paolo Sorrentino con un progetto ambizioso e affascinante, Parthenope.

Il decimo lungometraggio del regista campano sta già facendo molto parlare di sé. È l’epopea della vita di una donna chiamata come la sua città natale, una donna che non è sirena né mito, del suo legame con la sua terra, con la Storia, con Napoli, il suo rapporto viscerale con il mare, forza irruenta e osservatore imparziale delle piccole vite umane.

Sorrentino, proprio a Cannes, il palcoscenico marittimo per eccellenza, decide di raccontare storie strettamente legate al mare e ai suoi molteplici e insondabili significati.

Abbiamo quindi stilato una lista di cinque film, presentati negli anni durante il Festival di Cannes, ambientati tra le onde.

Cinque film che a Cannes hanno raccontato storie di mare

1. L’ultima Spiaggia, 2016, Thanos Anastopoulos, Davide Del Degan

Presentato quasi a sorpresa tra le séances spéciales, questo documentario di Thanos Anastopoulos e Davide Del Degan racconta, attraverso materiali d’archivio e riprese originali, la realtà del bagno triestino “La Lanterna”. Più noto come il Pedocìn, si tratta di uno stabilimento balneare diviso a metà da un muro che arriva quasi fino al mare: da un lato soggiornano le bagnanti donne, dall’altro gli uomini. Per Del Degan, nato e cresciuto a Trieste, è un luogo dell’infanzia che ha regole immutabili e incontestabili, per Anastopoulos greco trapiantato in Friuli è una dimensione sbalorditiva e a tratti incomprensibile.

La fusione dei loro sguardi costruisce allora una narrazione ondivaga ed episodica che si nutre liberamente della spontaneità degli avventori e delle avventrici del Pedocìn. I due, attraverso un luogo che è una perfetta sintesi delle correnti che attraversano la città raccontano Trieste, terra di confine, le sue tradizioni e le sue incongruenze rendendola simbolo e sintesi di problematiche che scuotono e dividono in schieramenti il mondo contemporaneo (immigrazione, accoglienza, senso di identità). La camera, sempre discreta, asseconda le storie di chi si vuole raccontare e poi si tuffa fin sotto le acque per mostrare come la cocciutaggine umana cerchi di tracciare confini persino in mare.

2. Murina, 2021, Antoneta Alamat Kusijanovic

Conturbante e fascinoso esordio della croata Antoneta Alamat Kusijanovi, Murina, una storia di formazione di grande impatto, vince a Cannes il premio Camera d’or nel 2021.

Su una piccola isola a largo della Croazia, Julia, appena sedicenne, vive dimessamente con la madre, sotto lo scrutinio continuo di un padre dispotico. L’arrivo di un vecchio amico di famiglia, facoltoso e progressista, illude la ragazza della possibilità di una vita altra.

Visivamente incantevole e accattivante, complice la fotografia di Hélène Louvart (La figlia oscura, Lazzaro Felice) che gioca con i toni azzurri delle onde e quelli abbacinanti del sole sull’acqua, Murina è un dramma psicologico sempre teso, un’investigazione sull’oppressione che si gioca sul terreno accidentato dell’adolescenza. Nello sguardo di Kusijanovi – cresciuta a Dubrovnik in simbiosi con il territorio circostante – la natura, il mare stesso, sono entità violente e ingovernabili, specchio e cassa di risonanza della ribellione irrefrenabile della protagonista.

3. Un ragazzo, Tre ragazze (Conte d’été), 1996, Éric Rohmer

Presentato nella sezione Un Certain Regard del 49º Festival di Cannes, il film, al contrario dei precedenti Conte d’hiver (1992) e Rendez-vous de Paris (1995), ebbe una buona accoglienza diventando uno dei maggiori successi del francese Éric Rohmer.

Ambientato sulle coste bretoni, è il ritratto di un indeciso, un volontario dell’indecisione, il giovane Gaspard che, durante una lunga estate, senza mai scegliere né concedersi di essere scelto, passa da una ragazza all’altra senza trovare pace. Dinard, Saint-Malo, Saint-Lunaire, Saint-Suliac, Saint-Enogat, le golfe de La Fresnaye, la pointe du Grouin, Saint-Jacut, Gaspard si muove lungo tutta la costa bretone inseguendo tre ragazze: Léna (quella di cui è innamorato), Margot (amica e confidente) e Soléne appena conosciuta.

Caratterizzato da una costruzione rigorosa, grande equilibrio di toni, interpretazioni eleganti e una messa in scena impeccabile Un ragazzo, tre ragazze è un’indagine delicata sulla natura della relazione tra i sessi, una cronaca estiva del destino sentimentale dei suoi protagonisti che, nello stile inconfondibile di Rohmer, non smettono mai di interrogarsi su ciò che provano e ciò che sono. Sullo sfondo si agita il mare del Nord,  testimone silenzioso dei dilemmi amorosi e delle riflessioni dei protagonisti.

4. All is Lost - Tutto è perduto, 2013, J.C Chandor

Durante un viaggio solitario attraverso l’Oceano Indiano, un marinaio scopre che la sua imbarcazione si sta riempiendo d’acqua a seguito di una collisione con un container. Con la radio e le apparecchiature di navigazione compromesse l’uomo è solo davanti al mare e deve trovare la forza di contrastare e prevalere sull’imprevedibilità e la furia della natura.

Presentato fuori concorso a Cannes nel 2013, All is Lost è un film avvincente con una performance magnetica di Robert Redford unico interprete della pellicola che recita quasi completamente in silenzio, canalizzando tutte le sue emozioni attraverso il corpo.

Magistralmente diretto e attraversato da profondo senso di speranza e al contempo da una dolorosa disperazione, il lungometraggio dello statunitense J.C. Chandor è una prova di regia affascinante e eccezionale, un’opera di puro cinema d’azione accompagnata da una narrazione visiva mozzafiato.

5. La Tartaruga Rossa (La Tortue Rouge), 2016, Michaël Dudok de Wit

In concorso al Festival di Cannes 2016 nella sezione Un Certain Regard (e vincitore del Premio speciale della giuria), candidato anche all’Oscar come miglior film di animazione, La Tartaruga Rossa è una favola che affascina e commuove.

Dopo un naufragio su un’isola tropicale popolata solo da granchi e uccelli esotici, un uomo si trova costretto a combattere per la sua sopravvivenza. Ogni volta che tenta di fuggire dall’isola, però, una creatura sottomarina, un’enorme tartaruga rossa glielo impedisce. Quando riesce a sopraffare l’animale, lasciandolo tra la vita e la morte sulla spiaggia improvvisamente tra le onde compare una donna dai capelli rossi con il quale l’uomo inizia una relazione che lo porterà a non abbandonare l’isola.

Nonostante l’essenzialità della trama, quest’opera riesce tratteggiare i contorni di un’esistenza intera, rivelando, nella sua semplicità, tematiche universali e fondamentali. Il film, interamente muto, è una delicata meditazione non solo su cosa significhi essere umani ma, cosa più fondamentale, su cosa significhi essere un tutt’uno con l’ordine naturale. Persone, animali e ambienti infatti sono animati dallo stesso tratto leggero e sottile che vuole far risaltare proprio questa appartenenza allo stesso mondo, la genesi comune.

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