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Arte & Cultura

The Outrun: un viaggio intenso nell’Arcipelago scozzese

Le isole Orcadi sono un remoto arcipelago della Scozia a nord dell’Inghilterra. In tutto sono 70 ma solo venti di esse sono abitate. È in questo territorio arido, piatto e suggestivo che è ambientato The Outrun, il film di Nora Fingscheidt adattato dall’omonimo romanzo autobiografico di Amy Liptrot, che ha co-scritto la sceneggiatura con la regista.

La mitologia delle Isole Orcadi

Si dice che chi annega nelle isole Orcadi si trasformi in foca. Queste figure mitologiche vengono chiamate Selkie e sono parte del folklore scozzese. Con l’alta marea le Selkie si spogliano del loro manto per l’intera notte e si trasformano in esseri umani: raggiungono la riva per danzare al chiaro di luna. Quando arriva l’alba tornano in mare, se non sono state viste da nessuno, altrimenti rimangono intrappolate nel loro corpo umano e non possono più tornare indietro. Sono costrette a restare isolate sulla terraferma, quando in realtà apparterrebbero alle acque.

Il ritorno nelle isole estreme

A raccontare questa leggenda nel film è la voce di Saoirse Ronan,che interpreta il personaggio di Rona, una ragazza di 29 anni nata sulle isole Orcadi. Ha vissuto gli ultimi dieci anni a Londra come studentessa di biologia marina prima e come biologa poi. Qui, tra estremo divertimento e ricerca di libertà smisurata per le strade di Hackney, Rona ha sviluppato una dipendenza dall’alcol e una tendenza alla depressione.

Gli anni passati a Londra si alternano tra nottate che finiscono con fiumi di alcol, violenza e rimorsi. Ma Londra per Rona è anche casa: a farla sentire al sicuro è soprattutto la relazione con Daynin che è molto innamorato e preoccupato per lei. La protagonista a volte è affabile e tenera, altre è fuori controllo e indomabile. È per questo che perde la fiducia di Daynin e, dopo il periodo di riabilitazione, torna a Orkney per qualche tempo.

Questa fetta di storia viene portata a galla con dei flashback che si alternano al tempo presente ambientato sulle isole.

L’isola che accoglie e rigenera

Ad aspettarla a Orkney ci sono i suoi genitori, divorziati da tanti anni. La madre è molto religiosa e il padre, affetto da disturbo bipolare, ha dovuto vendere la sua fattoria e conduce ora una vita ritirata nella sua roulotte. Rona prova affetto per entrambi, ma allo stesso tempo i dieci anni di lontananza la fanno sentire a disagio in quella famiglia, così come si è sempre sentita da piccola.

In un primo momento Rona è bloccata a Orkney e deve fare i conti con il suo passato: fatica a riprendere il rapporto con la madre e cerca di essere una spalla per il padre. Non riesce a trovare un lavoro e per lei a tratti è impossibile resistere al desiderio di tornare a Londra e condurre la vita di prima. Si presentano anche degli episodi di ricaduta, dai quali però riesce a fuggire grazie all’arrivo di un incarico di volontariato post-riabilitazione presso la società di conservazione ornitologica dell’isola.

L’isola nell’isola: Papay

Il territorio di Papay, estremamente isolato e fuori dal mondo, è la sua salvezza. Rona ha bisogno di scavare nel suo io ancora di più. Ed è qui che se ne sta per qualche mese, in una baita solitaria e lontana da tutto il resto, circondata dall’acqua. 
Il suo compito è quello di monitorare e proteggere l’habitat del re di quaglie a rischio di estinzione della zona. Qui Rona riesce ad accettare il suo passato e si riaccende in lei la passione per la biologia insieme a un nuovo interesse per la natura che la circonda. Papay è il luogo giusto per lei: quest’isola ancora più immersa nell’acqua e nel nulla è il luogo di ricongiunzione con se stessa.
 Non a caso è proprio a Papay che la Amy Liptrot ha scritto il libro. E quando Rona si immerge nel Mare del Nord insieme alle foche, si ha la sensazione che l’autrice stessa abbia vissuto questo momento.

I linguaggi del film

Il film procede per ricordi frammentati, con il racconto del presente e attraverso leggende di creature marine mostrate con illustrazioni e animazioni. Tra le storie che ci racconta Rona c’è anche quella che da bambina non la faceva dormire. Si tratta della leggenda di un gigantesco mostro marino che fu sconfitto da un giovane ragazzo chiamato Assipattle con un pezzo di torba ardente. Talmente forte fu il dolore che il mostro slanciò il suo collo nove volte verso la luna e indietro e dall’impatto i suoi denti caddero formando le Isole Orcadi. Ancora oggi si sente bruciare il suo fegato e i tremori delle isole sono il risultato di questa lenta e continua combustione.

I colori del film

Nel corso del film osserviamo colori diversi: quelli più cupi, annebbiati o estremamente accesi che parlano del mondo di Hackney, a colori più tenui e freddi che ci mostrano la meraviglia delle isole.
Possiamo anche collocarci temporalmente nella storia, grazie al colore dei capelli di Rona: quando sono blu siamo a Londra, quando si stanno schiarendo e del blu c’è traccia solo nelle punte siamo nel periodo della ripresa. Infine, quando si tinge di un arancione sgargiante, siamo in salita, verso la riconquista della gioia.

Correre e ritrovarsi

Dagli spazi claustrofobici di Londra alla punta più a nord della Scozia, Rona vive la sua redenzione e ricomincia dalle distese infinite di mare.

Il titolo stesso suggerisce due significati che si completano: Outrun è l’area delle isole Orcadi troppo selvaggia per essere coltivata, dove l’erba è corta perché è costantemente battuta dal vento proveniente dall’Atlantico. Ma Outrun significa anche “scappare”, superare i confini. E in questa fusione di sensi si sbroglia il viaggio di Rona. 

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Fonte: Shutterstock
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