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Viaggi & scoperte

Lettere d’amore lasciate al mare

Quanti segreti custodisce, il mare. Ha accolto senza giudizio le esperienze più disparate: dalle feste in spiaggia, agli amori proibiti; ha visto navi salpare e non ritornare, ha permesso il contatto e il passaggio di persone, oggetti, imperi.
E poi ha custodito parole. Parole che non avevano più un luogo, un tempo, e alle volte nemmeno un destinatario.

Da secoli c’è chi affida alle onde la propria voce: biglietti intimi scritti su un foglio, piegati o arrotolati all’interno di una bottiglia.
Non si sa quando sia nato questo gesto, forse tra i marinai greci, forse tra i navigatori portoghesi; tradizione vuole che il primo a lasciare una bottiglia al mare è stato il filosofo greco Teofrasto, che nel 310 a.C. voleva dimostrare che il Mar Mediterraneo fosse un bacino dell’oceano Atlantico.

Ecco, quindi, alcune delle ultime lettere che il mare ci ha restituito.

Le lettere mai arrivate: Galatée e la Guerra dei sette anni

Era il 1757. La nave francese Galatée navigava in guerra, e a terra c’erano cuori che attendevano notizie. Più di cento lettere vennero scritte: mani femminili che scivolavano su fogli sottili, atti di speranza di un incontro, un giorno.
Ma nessuna arrivò a destinazione. Intercettate dalla Marina britannica, quelle lettere rimasero chiuse in archivi e silenzio per oltre due secoli, fino a quando lo storico Renaud Morieux le ha finalmente aperte.

Ci sono righe che hanno la forza di un abbraccio impossibile. Marie Dubosc scriveva al marito Louis Chambrelan, ufficiale imbarcato:

«Potrei passare tutta la notte a scriverti.
Sono tua moglie fedele per sempre.
Buona notte, mio caro amico.
È mezzanotte.
Penso sia ora che riposi

Non sapeva che Louis era prigioniero in Inghilterra. Non sapeva che non si sarebbero rivisti mai più. Marie morì l’anno dopo.

Accanto alle grandi passioni, emergono i toni domestici, le voci quotidiane. Una madre, esasperata dal silenzio del figlio Nicolas, scrive:

«Non ricevo mai tue notizie, se non attraverso Marianne…»

E Marianne, la fidanzata, gli fa eco con dolcezza ma anche fermezza:

«Scrivi almeno a tua madre, ti prego. Lei mi rimprovera per i tuoi silenzi.»

Esperienze umane universali: è così che Morieux commenta gli scritti.

Le parole sono indice di cosa succede quando, separati dai nostri cari, ci troviamo ad affrontare sfide al di là del nostro controllo, e bisogna capire come reagire e mantenerci in contatto.

Il ritorno di Joanna, un mare che riporta a sé

Il mare non restituisce soltanto amori interrotti: a volte riconsegna frammenti di infanzia. Nel 1996, una bambina scozzese di nome Joanna Buchan affidò al mare una bottiglia come parte di un gioco scolastico. Scrisse di sé, con la leggerezza dei dieci anni: che amava i dolci e gli orsacchiotti, che i coetanei maschi le erano antipatici. Una confessione piccola, ingenua, vera.

Venticinque anni dopo, quella bottiglia approdò sulle coste norvegesi, dopo un viaggio di oltre ottocento miglia. Joanna era ormai una donna, una dottoressa, e viveva in Australia. Quando la sconosciuta che la trovò le scrisse su Facebook, lei si ritrovò all’improvviso davanti alla propria voce di bambina.

La piccola Joanna sarà fiera della Joanna adulta? Noi siamo certi di sì.

Messaggi di scienza, messaggi di vita

Non sempre, lo abbiamo visto, dentro le bottiglie si trovano parole d’amore. Nel gennaio del 2018, Tonya Illman passeggiava tra le dune a nord di Perth, in Australia. Tra la sabbia vide una bottiglia con dentro un rotolo di carta legato da uno spago. La data: 12 giugno 1886.

Il messaggio riportava il nome di una nave, Paula, la rotta da Cardiff a Makassar, e le coordinate di un punto nell’Oceano Indiano. Non era una lettera d’amore, ma un frammento di scienza: dal 1864 al 1933, infatti, l’Osservatorio navale tedesco aveva chiesto ai capitani delle navi di gettare bottiglie in mare, con biglietti che registravano rotta e posizione, per studiare le correnti oceaniche.

Come aveva resistito intatta per 132 anni, nonostante non avesse più un tappo? Forse era arrivata quasi subito sulla costa australiana e lì era rimasta sepolta dalla sabbia, protetta da vetro spesso e foro stretto, fino a quando una tempesta non l’aveva riportata alla luce.

Per i ricercatori, quella bottiglia è stata una scoperta straordinaria.  Per noi, resta un piccolo miracolo: il mare che custodisce, mette in circolo, restituisce.

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Fonte: Shutterstock
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Fonte: Alex Rusciano – Dupe

Fonte: Shutterstock
Fonte: Kylie Clayborne - Dupe
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