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Arte & Cultura

Voci che vengono dall’oceano

Un’immersione nelle canzoni di quattro artiste: Björk, Kate Bush, Joni Mitchell e Florence & The Machine. Le musiciste si ispirano al mare, che non è semplicemente un luogo, uno scenario, ma una metafora di paure e desideri.

Oceania di Björk

Nel 2004 fu commissionata all’artista islandese Björk la scrittura della canzone per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Atene. La cantante invitò Sjón, il poeta islandese con il quale aveva già collaborato su altri testi, a lavorare al brano. È stata scritta a partire da dove tutto ha avuto origine, ovvero dal punto di vista dell’oceano che osserva l’evoluzione della vita umana. 

È così che l’oceano di Bjork si rivolge agli esseri umani:

“Avete fatto bene a voi stessi
Da quando avete lasciato il mio abbraccio umido
E siete strisciati a riva”

Il brano è accompagnato da un coro inglese, che Björk invitò durante la registrazione per restituire un suono vicino al canto delle sirene. 

Nel video realizzato da Lynn Fox prima c’è una superficie luminosa e poi ci si sposta negli abissi scuri, da cui emerge Björk ricoperta di gioielli. La cantante sparge dalle sue mani una manciata di meduse, che vengono trasportate via dalle correnti. Poi si alternano immagini di fiori marini dai colori più chiari e immagini della cantante immersa nelle acque profonde. Oceania è un inno a “madre natura”, un ritorno al primordiale.

The Dawntreader di Joni Mitchell

La canzone della musicista canadese Joni Mitchell fa parte dell’album “Song to a Seagull” (Canzone per un gabbiano). L’artista decise di dividere le dieci canzoni dell’album in due parti: I Came to the City (Arrivai in città) e Out Of the City and Down to the Seaside (Fuori dalla città e giù sino al mare). I due lati dell’album vedono la contrapposizione tra la metropoli, che porta con sé il ritmo caotico e claustrofobico della città, e l’apertura della costa e degli scenari marini, che restituiscono un desiderio di fuga e di mistero

The Dawntreader (Il veliero dell’Alba) è una canzone con continui riferimenti alla navigazione, alle meduse, a tesori nascosti nel mare che accompagnano verso un’avventura intima e romantica: 

“Delfini che giocano nel mare
Tutti i suoi sogni marini vengono da me”

Galeoni dorati riversati sul fondo dell’oceano
Un tesoro da qualche parte nel mare e lui troverà dove”

Anche altre canzoni dello stesso album hanno come tema il mare: in The Pirate of Penance c’è un dialogo tra due donne e un pirata che viene ucciso. Joni Mitchell interpreta le voci delle due donne con tonalità diverse. Nella canzone omonima all’album Song to a Seagull, l’artista parla della sua vita in città e la descrive come solitaria, raccontandosi come una Robinson Crusoe dopo un naufragio

E vissi come il vecchio Crusoe
Su un’isola di rumore
In un mare di ciottoli
E le spiagge erano di cemento
E le stelle pagavano la bolletta della luce
E i fiori pendevano falsi
Sugli alberi delle vetrine dei loro negozi
I miei sogni volano con i gabbiani”

What the water gave me di Florence & The Machine

Il brano in questione, della band inglese di Florence Welch, fa parte del secondo album, “Ceremonials”. La canzone è nata per un interesse verso ciò che è travolgente come l’acqua e l’oceano. È una canzone dedicata all’acqua ed è esplicito il riferimento alla morte di Virginia Woolf, avvenuta nel fiume Ouse, annegata dopo essersi riempita le tasche di sassi. Più volte infatti nel brano viene ripetuto:

Tasche piene di pietre
Adagiatemi
Lasciate che l’unico suono
sia l’eccesso”

Il titolo è ispirato all’omonimo quadro di Frida Kahlo, un dipinto che è stato definito la sua biografia, in cui in una vasca si vedono i piedi e le gambe della pittrice ma ci sono riflessi anche altri elementi: un’isola, una conchiglia piena di fori di proiettile, un vestito messicano.

The Ninth Wave di Kate Bush

The Ninth Wave è la seconda parte dell’album Hounds of Love della cantautrice britannica Kate Bush. L’artista lo definisce come un concept, una narrazione musicale di un’unica storia:

“The Ninth Wave era un film, ecco come l’ho concepito. È l’idea di questa persona che si trova in acqua, come ci sia finita, non lo sappiamo. Ma l’idea è che sia stata su una nave e sia stata travolta dalla corrente E trovo orribile quell’immagine, il pensiero di essere completamente sola nell’acqua.”

La storia comincia da And Dream of Sheep, in cui siamo subito immersi nell’oceano e galleggiamo con la protagonista della storia. Un brano che naviga tra la paura dell’abisso, la spinta verso la sopravvivenza e l’istinto di lasciarsi andare e addormentarsi.

È seguita dalla traccia Under Ice dove la musica diventa più cupa e si entra nei sogni della protagonista. Il tema è qui l’acqua gelata del mare, che Kate Bush interpreta come un fiume ghiacciato nel quale è intrappolata.

La narrazione esplode con i brani successivi, Waking the Witch dove gli incubi si intensificano e si intrecciano più voci, e Watching You Without Me, che descrive un’esperienza extra corporea: oramai totalmente incosciente, la protagonista immagina la famiglia preoccuparsi della sua assenza.
 In Jig of Life il tono cambia e siamo trascinati da suoni folk irlandesi: violini e cornamuse colorano la traccia. Qui la protagonista si confronta con una sé del futuro e ritrova il desiderio di lottare per la propria vita.

Avviandoci verso la conclusione dell’album, Hello Earth è la traccia che riporta alla vita la protagonista. Ora guarda il mondo dall’alto e canta ai pescatori: “Get out of the waves! Get out of the water! All you fishermen, head for home”.

La chiusura è The Morning Fog, dove dopo tutto questo caos e paura arriva la luce, la chiarezza del mattino. Kata Bush è salva dall’acqua e ne è grata. Conclude dedicando un messaggio d’amore alla sua famiglia.

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