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ARTE & CULTURA

La dimensione onirica nel mare di Federico Fellini

A conferire forza, magmaticità e mistero alle pellicole del famoso cineasta riminese è un semplice elemento, vivido e impalpabile: il sogno. Dopo l’incontro con lo psicoanalista junghiano Ernst Bernhard, Fellini inizierà a tenere traccia della sua attività onirica per oltre trent’anni, trasformandola in appunti, abbozzi e disegni dai quali attingerà per costruire il suo personalissimo e seducente mondo. 

Sfogliando il Libro dei sogni (edito postumo da Rizzoli, in cui sono stati raccolti tutti i disegni del regista), si ha la sensazione di accedere a una dimensione intima e fantastica, dove si possono trovare donne formose, cieli stellati e luoghi surreali, ma ad avere una centrale rilevanza all’interno del libro, rappresentato in oltre 40 disegni e appunti, è l’elemento in cui Fellini nacque e crebbe: il mare.

Il rapporto con il mare

Nonostante Fellini abbia lasciato Rimini a soli 18 anni, i luoghi della sua infanzia resteranno terreno fertile per la sua creatività. Il mare, per il regista, non era un semplice sfondo, ma un elemento fondamentale che permea il suo immaginario. Per capire uno dei significati che gli attribuiva, si può leggere un appunto scritto in calce al disegno di un palombaro apparsogli in sogno nel maggio del ’68.

“Il palombaro scende nel fondo del mare. Sprofondare giù nell’abisso marino, giù nell’inconscio, pescare nella sconosciuta voragine del mare e risalire con i tesori.”

Ma Fellini non si limita a rappresentare il mare come spazio onirico. In Amarcord, ad esempio, il mare diventa lo spazio della memoria, uno sfondo poetico per le vicende di un villaggio costiero durante gli anni della sua infanzia, il luogo dove il regista riesce a catturare la dimensione nostalgica dei personaggi, creando un ritratto vibrante e vivido di un’epoca passata.

Il mare nei film di Fellini: un ruolo emotivamente centrale

Fin dai suoi primi film, il mare ricopre un ruolo centrale in diverse scene, assumendo valore in relazione alle vicende rappresentate. A volte è come se fosse un amplificatore di sentimenti, altre volte assume i caratteri di un vero e proprio personaggio aggiunto che ribolle attorno.

Ne Lo sceicco bianco (1952) è un mare corruttore e smitizzante, quando l’attore di fotoromanzi interpretato da Alberto Sordi prova a sedurre goffamente la novella sposa Wanda. Ne I vitelloni (1953) appare invece ostile, è presente in almeno quattro scene rilevanti che avranno l’esito di imprigionare i protagonisti nel piccolo borgo in cui sono nati.

Tuttavia, è nei suoi capolavori successivi, come La Dolce vita (1960) e (1963), che il mare assume una dimensione più metaforica, diventando specchio della psiche umana e delle profondità dell’inconscio.

In compare in apertura come luogo di rifugio e ricerca interiore del protagonista che lotta per ritrovare creatività e ispirazione: nella celebre scena il regista, interpretato da Marcello Mastroianni, si ritrova intrappolato nell’angosciante traffico capitolino e, improvvisamente, inizia a galleggiare in cielo ritrovandosi sopra il mare, legato a terra da un lunghissimo laccio, come fosse un aquilone.

Nella sequenza finale de La Dolce vita, invece, l’amareggiato protagonista Marcello vede comparire un enorme mostro marino che incarna il degrado morale raggiunto dalla società.

Famoso è anche l’epilogo di La nave va (1983), dove appare un rinoceronte in una piccola scialuppa dopo il naufragio della Gloria N., che termina con le enigmatiche parole del giornalista Orlando: “Lo sapevate che il rinoceronte dà un ottimo latte?”. Di questa battuta, scritta insieme al poeta Tonino Guerra, il regista ha evitato di fornire una spiegazione chiara, limitandosi a dire che una possibile interpretazione può essere che l’unico tentativo per evitare il disastro, è quello diretto a recuperare la parte inconscia, profonda e salutare di noi stessi.

Il film come luogo privilegiato del simbolo, il mare come luogo privilegiato dell’inconscio

Sarebbero state tante altre le scene e le pellicole da analizzare, perché il mare è presente nella maggior parte dei film di Fellini, ma ricercarne il significato – o ancor peggio, provare a spiegarne i significati non corrisponde di certo a quello che il regista desiderava fosse fatto. Più volte si è espresso nei seguenti termini:

“Faccio un film alla stessa maniera in cui vivo un sogno, che è affascinante finché rimane misterioso e allusivo, e rischia di diventare insipido quando viene spiegato.” 

E ancora, a proposito dell’accostamento tra il rinoceronte e il mostro de La Dolce Vita:

“Non mi pare che il rinoceronte che naviga sulla Gloria N. abbia nulla a che fare con il mostro che appare sulla spiaggia nel finale de La Dolce Vita. Un simbolo è tale in quanto non si può spiegare, in quanto va oltre il concetto, oltre la ragione, in quanto contiene degli elementi irrazionali o mitici.”

Il mare è dunque il posto da cui sorge l’ispirazione, la distesa infinita su cui proiettare idee e sentimenti, l’elemento liquido che permea e s’intesse con i sogni, in grado di produrre – allo stesso tempo – meraviglia e turbamento. Quello che ci rimane da fare, in conclusione, è lasciarsi trasportare dalle immagini, gustandone l’intima bellezza e il misterioso fascino che solo i suoi film sanno esercitare.

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