- 23 Luglio, 2024
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In mare aperto: il nuoto di fondo tra Olimpiadi e tradizione
Uno degli sport più antichi del mondo
Il nuoto è una delle attività più naturali per la specie umana. Da sempre gli insediamenti hanno cercato la vicinanza con l’elemento acquatico, sia esso marittimo o fluviale: per i primi uomini imparare a nuotare è presto diventato fondamentale, e sin da subito si deve essere colto che poterlo fare per lunghi tratti senza stancarsi garantisse la possibilità di sopravvivere in circostanze avverse.
Le prime tracce di un utilizzo “ludico” dell’arte natatoria risalgono alla preistoria e alle pitture rupestri, ma si deve attendere il 1800 prima che il nuoto diventi una competizione codificata; a sorpresa, il primo stile a ritagliarsi un ruolo fu il dorso. Particolarmente curiosa è la storia del crawl, più conosciuto in Italia come “stile libero”: esso venne importato nel mondo occidentale da John Arthur Trudgen, che lo aveva mutuato dalle popolazioni amerinde. Il crawl si diffuse rapidamente: naturale, semplice da imparare e più veloce delle altre tecniche.
Il nuoto in acque libere nelle prime Olimpiadi moderne
Le prime Olimpiadi moderne (1896), organizzate ad Atene sotto l’impulso decisivo di Pierre de Coubertin, rappresentarono un trampolino di lancio per la popolarità del nuoto come sport. Un elemento di assoluto fascino fu che le gare si svolsero direttamente in mare, nella zona del Pireo, porto della capitale greca. Poiché le Olimpiadi si tennero in primavera, le acque erano gelide, ed il mare mosso; nonostante tutto, circa ventimila spettatori assistettero alle gare.
Curiosamente, era assente la disciplina che oggi più di tutte associamo al nuoto in acque libere, e cioè il nuoto “di fondo”: la distanza massima percorsa furono infatti i 1200 m, nei quali fu mattatore l’ungherese Alfréd Hajós. Più propriamente fondista la gara disputata sui 4000 m nei secondi giochi moderni, quelli di Parigi (1900): l’inglese Jarvis trionfò nelle acque della Senna, un palcoscenico di grande fascino che dovrebbe tornare nelle imminenti Olimpiadi del 2024.
La riscoperta del nuoto di fondo
Nei decenni successivi, con lo spostamento delle gare natatorie in piscina, l’interesse di partecipanti e organizzatori si concentrò unicamente sulle distanze più corte, privilegiando la velocità alla resistenza. Solo a partire dagli anni ’90 del 1900 il nuoto di fondo si riaffacciò sulla scena internazionale, anche grazie alla popolarità portata dal Triathlon, di cui è la prima specialità praticata. La consacrazione arrivò alle Olimpiadi di Pechino del 2008, con la gara dei 10 km tenutasi in acque libere; si dovette attendere il 2016 per un ritorno al mare, con le Olimpiadi di Rio. Un fattore, quello dell’acqua salata, che sposta gli equilibri, con la difficoltà data dalle correnti ma anche una maggiore facilità di galleggiamento.
Un tuffo nella Senna: il caso che accende le Olimpiadi di Parigi
Tra gare in mare aperto, in stadi di canottaggio o in piscina, per le prossime Olimpiadi di Parigi 2024 potremmo assistere a un ritorno al passato che ha del clamoroso: i 10 km di nuoto di fondo dovrebbero infatti tenersi nella Senna, in un percorso che ha il suo inizio dal famoso ponte Alessandro III. Una scelta fortemente voluta a livello politico, tanto che la prima cittadina di Parigi Anne Hidalgo si è recentemente tuffata nella Senna (a favore di telecamere) per dimostrarne la balneabilità.
Le principali preoccupazioni derivano dalle concentrazioni batteriche nell’acqua del fiume, in particolare di Escherichia Coli: la Senna è infatti ancora oggi parzialmente permeabile al sistema fognario parigino, soprattutto in caso di piogge. Uno scenario non del tutto rassicurante, che getta una certa imprevedibilità sull’effettivo svolgimento della gara e sulla salubrità della scelta, specialmente se si considera che l’intenzione dei francesi è quella di aprire alla balneabilità tout court della Senna a partire dall’estate 2025; una prospettiva di indubbio fascino, ma che suscita delle perplessità, almeno per via delle tempistiche forse affrettate.
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