28 Ott 11:13

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Viaggi & scoperte

Women and The Wind: il documentario che racconta l’oceano, la libertà e il tempo delle onde

C’è un momento, nel documentario Women and the Wind diretto da Alizé Jireh, in cui la voce della stessa Jireh emerge sopra il rumore del vento: “L’oceano ti dice di prenderti il tuo tempo.” Un concetto semplice, eppure illuminante, che racchiude l’essenza di questo documentario sul mare e sulla libertà femminile, un racconto di viaggio, introspezione e connessione con la natura.

Tre donne, Kiana Weltzien, Lærke Heilmann e la stessa Alizé Jireh, salpano a bordo della Mara Noka, un catamarano in legno costruito negli anni Settanta e restaurato dopo un anno di lavoro. Il loro obiettivo è seguire la rotta dell’inquinamento da plastica nell’oceano Nord Atlantico, ma il viaggio si trasforma presto in qualcosa di diverso e più personale: una ricerca di senso, una prova di fiducia e una resa all’imprevedibilità del mare.

Il documentario

Prodotto in modo indipendente e sostenuto dalla Women & the Wind Foundation, il film racconta 30 giorni e 2255 miglia di navigazione attraverso l’Atlantico, dal North Carolina alle Azzorre. È un documentario che parte da una domanda sull’ambiente e diventa un’esperienza spirituale, dove la dimensione umana e quella naturale si intrecciano fino a diventare una sola cosa.

Nel film, la fotografia di Jireh cattura la realtà della navigazione e del viaggio attraverso i volti delle protagoniste: ci sono i bagni nelle acque blu e il mal di mare, le giornate cristalline e la pioggia incessante, le vele strappate e i tramonti fiammeggianti. La camera è discreta, riprende tutto senza filtro, come ipnotizzata dalle onde, affascinata da quella presenza assoluta e continua che vive e cambia intorno e insieme a Kiana, Alizé e Lærke.

Dove il tempo non esiste

A bordo della Mara Noka, il tempo perde ogni forma. “La perdita del senso del tempo sembra così naturale…Si vive semplicemente ogni giorno.” È in questa sospensione che Women and the Wind trova la sua dimensione più autentica. Il film restituisce la percezione di un tempo non lineare, antico, dove esiste solo il presente scandito dal ritmo delle onde.

Penso che prima di acquisire la capacità di parlare, per noi esseri umani, tutto fosse estremamente visivo. Ed è così che percepisco l’oceano: è evidente, è proprio lì davanti a te, così come il fatto che sia in continuo movimento. È come la vita, come una vita intensa e come il flusso di energia che tutti noi sperimentiamo attraverso le relazioni umane o cercando di orientarci nel nostro significato; quel flusso di energia è inarrestabile”, spiega Alizé.

L’oceano, attraverso lo sguardo delle protagoniste, diventa anche questo: un movimento visivo ed emotivo che parla della vita nella sua forma più pura, una corrente irrefrenabile che attraversa tutto ciò che esiste.

Una presenza silenziosa

Lungo tutto il viaggio resta l’attenzione all’ecosistema marino e alla crisi della plastica negli oceani. Durante i trenta giorni di navigazione, le protagoniste compilano un bollettino per ogni avvistamento di rifiuti galleggianti, cercando di recuperarne la maggior parte. Il bilancio finale è comunque desolante, trenta su trenta: ogni giorno hanno trovato rifiuti in mare.  

Per sensibilizzare chi guarda, Women and The Wind non presenta statistiche (anche se qui potete consultare il Plastic Log Book del viaggio) e non fa leva sul senso di colpa, ma mostra la plastica per quello che è in relazione all’oceano: “una costante, sempre alla deriva, sempre fuori posto, un elemento di disturbo perpetuo alla serenità delle acque”. La scelta di questo approccio deriva da una riflessione di Lærke per la quale: “solo attraverso l’empatia possiamo iniziare a interessarci, e solo attraverso l’interesse può iniziare il cambiamento.”

È un messaggio potente e implicito, che trasmette la necessità di ragionare sul nostro impatto ambientale e riscoprire la relazione con la natura.

“Vorrei che tutti avessimo più spazio per riflettere sulla natura e sulla vastità di quello che ci circonda”, dice Kiana in un passaggio chiave, svelando una delle ragioni d’essere del film, che è anche un invito a fermarsi, osservare e riconoscere il legame misterioso e concreto che unisce tutti gli esseri viventi.

Tornare a terra

Women and the Wind non ha mai una postura didascalica o pedagogica: accade davanti ai nostri occhi. È un documentario esperienziale e immersivo, in cui la telecamera osserva senza intervenire, lasciando che la vita a bordo si svolga con naturalezza. Le protagoniste cucinano, riparano le vele, ridono, piangono. E intanto, l’oceano scorre, sempre uguale e sempre diverso.

Alla fine, dopo trenta giorni di mare aperto, la terra appare all’orizzonte. Ma il ritorno non ha nulla di trionfale: è un momento di esitazione, quasi di nostalgia. Dopo aver vissuto sospese in un mondo dove il tempo esiste solo come un alternarsi fluido di notte e giorno, di sole e pioggia, la rigidità della vita sulla terraferma e dei ritmi imposti dall’uomo moderno diventano quasi spaventosi.

Fidarsi del vento

Più che un racconto di navigazione, Women and the Wind è un viaggio interiore collettivo, un inno alla lentezza, alla vulnerabilità e alla connessione profonda con il pianeta. Con la sua estetica essenziale e la sua forza contemplativa, il documentario di Weltzien, Jireh e Heilmann è un’opera esteticamente accattivante e capace di unire avventura, ecologia e introspezione.

Un film che insegna a fidarsi del vento, a lasciarsi attraversare dalle correnti, a capire che non si domina il mare, si può solo sperare di imparare ad andare al suo ritmo.

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