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Gente di mare

Donne di mare: intervista a Francesca Clapcich, velista olimpica e oceanica

Fin da piccolissima Francesca Clapcich, triestina classe 1988, è una sportiva entusiasta e appassionata: velista olimpica e poi oceanica, negli anni ha ottenuto grandissimi riconoscimenti ed è stata la prima italiana a vincere The Ocean Race, uno degli eventi sportivi più lunghi e difficili al mondo. Adesso si prepara ad un’altra impresa: il Vendée Globe nel 2028, una traversata in solitaria senza scali e senza assistenza che prevede la circumnavigazione completa dell’Antartide. L’abbiamo incontrata per farci raccontare qualcosa di lei, della sua vita in barca a vela e di questo suo nuovo progetto.

Ciao Francesca, intanto ti ringrazio per averci dedicato questo tempo, so che sei di Trieste e che fin da bambina sei stata vicina al mare e al mondo della vela ma questa è una delle domande, sempre un po’ romantica, con cui ci piace cominciare le nostre interviste e quindi, ti chiederei, come è nato il tuo rapporto col mare?

Si, io sono di Trieste, quindi il rapporto con il mare, se parli con qualunque triestino o triestina te lo dirà, è un rapporto molto stretto. Passiamo le estati al mare ma anche gli inverni, la città vive attorno al mare e quello è un rapporto che nasce fin da subito.

A livello personale sono cresciuta praticamente in barca, i miei genitori, soprattutto mio papà, era un grande appassionato di nautica. Ho delle foto in barca di quando avevo pochi mesi. Io sono nata a gennaio, e penso ci siano delle foto di me in barca già a marzo. Quello quindi è un rapporto che mi porto dentro fin da piccolissima.

Invece il rapporto con la parte più competitiva della vela, quello per assurdo è nato più tardi. La mia prima passione era lo sci e quindi ho iniziato a sciare a livello competitivo prima di fare le regate con le barche, poi essendo di Trieste non era semplicissimo passare tutti i weekend in montagna e quindi pian piano mi sono avvicinata anche alla vela e da lì ho iniziato a farlo in modo più competitivo.

Hai partecipato alle Olimpiadi, sei stata campionessa mondiale, campionessa europea, velista italiana dell’anno, prima italiana in assoluto a vincere the Ocean Race e adesso sappiamo che il tuo prossimo obiettivo è un’impresa sportiva davvero incredibile: il Vendée Globe nel 2028. Qual è la cosa che ti entusiasma di più approcciandoti a questa competizione?

Innanzitutto ciò che più mi spinge a farlo è la sfida.

La mia carriera sportiva, soprattutto nell’ambito della vela, è sempre stata in equipaggio, con barche più piccole, anche i giri del mondo li ho fatti in equipaggio. Quindi cercare di gareggiare in un evento del genere, in solitaria, per me è innanzitutto una grande sfida sportiva personale.

E poi in realtà, vicino alla sfida sportiva, sento un po’ anche la sfida sociale. Specialmente negli ultimi anni, non so se è perché sto diventando vecchia (ride, ndr) o magari perché le cose cambiano con gli anni, la pura agonistica – cercare solo di vincere le regate – non mi bastava più quindi volevo veramente avvicinare la parte sportiva ad una parte sociale molto forte. E anche quella è una parte anche che mi appassiona molto.

Ovviamente c’è anche una parte, molto importante, che vuole occuparsi di sensibilizzazione verso i problemi di sostenibilità marina e di salute degli oceani ma l’obiettivo è quello di cercare di collegarla anche alla parte sociale, al creare più opportunità per altre persone aiutandole a entrare nel mondo del lavoro e nel mondo sportivo della vela e sensibilizzare anche riguardo alle problematiche che le comunità che vivono vicino alla costa devono affrontare ogni giorno.

Spesso le problematiche più grandi dal punto di vista della sostenibilità e della salute degli oceani impattano le comunità locali che difficilmente hanno voce in capitolo.

Per me, portare avanti questo lavoro di sensibilizzazione è importante quanto cercare di vincere le regate.

So infatti che, mentre ti prepari per la partecipazione al Vendée Globe hai lanciato una tua campagna, che un po’ racconta di questo tuo impegno, racchiudendolo in una frase: Believe Belong Achive. Qualcosa ci siamo già dette, ma volevo chiederti un po’ quali sono gli obiettivi di questo progetto.

Sicuramente il progetto adesso è nella sua fase iniziale e quindi non abbiamo ancora tutte le risposte e tutte le soluzioni, probabilmente sul tavolo adesso abbiamo più domande che risposte e l’obiettivo più grande è quello di trovare queste soluzioni. Insieme al mio sponsor, 11th Hour Racing, vogliamo trovare soluzioni pratiche anche per altri team che vogliono imbarcarsi in questo tipo di regate e progetti.

Per esempio, vogliamo creare e stimolare ambienti di lavoro dove tutti sentano un grande senso di appartenenza, di rispetto, di apertura anche per chi non ha tanta esperienza o vuole iniziare a fare esperienza.

Quello che ho visto, negli ultimi anni, è che il nostro sport spesso è molto chiuso, continui ad avere attorno le stesse persone, che fanno le stesse cose per anni e questo implica anche la possibilità di lasciarsi scappare dei talenti, solo perché non offri tante opportunità.

Lato operazionale, proprio a livello del team, vogliamo cambiare un po’ questa mentalità, aprirci anche a esperienze diverse, a persone diverse, con dei background non convenzionali e cercare di far vedere all’esterno che un approccio del genere è un approccio vincente anche dal punto di vista della performance.

Al riguardo infatti volevo chiederti, come donna in uno sport come la vela, com’è stata la tua esperienza? E come questa esperienza ha influenzato quello che vuoi fare adesso essendo tu una figura importante all’interno della comunità sportiva?

Io sono cresciuta con pochi punti di riferimento, specialmente in questa parte dello sport, ho iniziato la vela agonistica e i punti di riferimento che avevo davanti a me erano delle atlete di alto livello ma le uniche opportunità disponibili sembravano essere le campagne olimpiche e quello che vedevo davanti a me era, va bene, posso fare le olimpiadi, ti alleni, lavori duro e puoi arrivare alle olimpiadi.

E poi? E poi non c’è nulla, non c’è uno sbocco professionale e i ragazzi spesso hanno l’opportunità di far parte di team professionistici, venire pagati per il lavoro che fanno e per le donne c’è poco o niente e non è semplice. Quando cresci dovendoti un po’ aprire la strada da sola, non è semplice per niente perché poi il rischio è quello di fare degli errori perché magari nessuno prima di te li ha fatti e può offrirti delle soluzioni.

Io poi sono una persona un po’ testarda quindi anche dalle sconfitte, dagli errori, ho sempre cercato di tirarmi su e riprovarci però siamo tutti diversi, e quindi una persona che non ha quel tipo di testardaggine o che si sente di non fare davvero parte di quell’ambiente magari lascia prima.

Quindi per me, quella è una parte molto molto importante, cercare, spero, di essere un punto di riferimento per le nuove generazioni di donne nello sport, mostrare loro che ci sono delle opportunità che però vanno prese e, ogni tanto, vanno prese di petto e cercare di dimostrare che questo si può fare.

Penso che negli ultimi anni le cose stiano cambiando perché ci sono sempre più donne nell’ambiente sportivo, più donne nell’ambiente manageriale, quindi piano piano le cose cambiano però di punti di riferimento non ce ne sono ancora tantissimi.

Mi piacerebbe tornare al Vendée Globe e chiederti invece, qual è la cosa invece che ti preoccupa, per la quale ti stai preparando di più?

Guarda, le stesse cose che mi appassionano, che vedo come sfide sono anche quelle di cui ho paura.

Perché comunque è una regata molto complessa, sei in barca da sola per più di due mesi dovendo comunque gestire delle situazioni meteo ma anche tecniche molto complesse quindi tutta questa parte ovviamente sì, mi appassiona, è parte della sfida, ma c’è anche la paura di fallire, di avere problemi tecnici o problemi alla barca che ti costringono a tornare indietro quindi quella parte è probabilmente la parte più dura da gestire.

Essendo anche una regata in solitaria immagino che sia complesso anche gestire la parte di preparazione mentale. Si tratta di un’impresa sportiva fisica ma c’è un impatto, una preparazione anche a livello mentale.

Il corpo umano riesce a spingersi oltre a dei limiti inimmaginabili, il vero limite è la mente, quella è la parte su cui voglio lavorare, anche con il supporto di psicologi sportivi, mental coach, perché alla fine questi eventi li vinci li perdi, li fai in un certo modo per l’aspetto mentale, poi il corpo, quella è la parte semplice da allenare (ride, ndr). Il corpo ti spinge a fare delle cose inimmaginabili se la mente è forte.

Nel parlavamo anche prima, il tuo impegno per la sensibilizzazione verso il cambiamento climatico e la salvaguardia degli oceani, anche insieme al tuo partner 11th Hour Racing, è ben riconosciuto per questo mi piacerebbe chiederti, secondo te, nella tutela dell’ambiente quali sono gli strumenti più importanti per coinvolgere le persone e stimolarle a contribuire alla causa?

Lo sport è sicuramente un mezzo molto potente per cercare di portare più persone possibili “a bordo”. Io ho il grandissimo privilegio di riuscire a passare tante ore, tante giornate, tante notti in mezzo all’oceano e quindi vivere certe esperienze in prima persona e vedere direttamente anche i problemi che i nostri oceani hanno.

Questo è un privilegio che però non hanno tutti e quindi il grande potere dello sport è quello di riuscire a portare queste esperienze virtualmente a terra e farle vivere a persone che non hanno l’opportunità di viverle in mare e sensibilizzare veramente su delle problematiche che fino a che una persona non vede con i propri occhi, sembrano molto distanti. Si, la plastica nel mare va bene, ma che sarà mai? Invece quando le vivi veramente in prima persona ti rendi conto dell’impatto e delle problematiche che ci sono e quindi questo sicuramente è qualcosa che come atleta e come persona di sport sento come responsabilità, di dover riportare queste cose a terra.

Grazie Francesca come ultima cosa, so che parteciperai con un intervento video al SEIF, vuoi anticiparci qualcosa?

Niente anticipazioni (ride, ndr), solo che la prossima volta vorrei davvero venire di persona al festival. L’Elba è un posto incredibile e a me piace proprio il contatto con le persone e con le comunità locali, quindi per quest’anno avrete un mio video ma il prossimo anno spero proprio di essere lì con voi, di persona è sempre meglio.

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Credits: Amory Ross / 11th Hour Racing / The Ocean Race
Credits: G.Gatefait / MerConcept
Credits: Marin LE ROUX - polaRYSE
Credits: Marin LE ROUX - polaRYSE
Credits: Giovanni Aiello | Team7Sailing
Credits: Pierre Bouras / 11th Hour Racing / The Ocean Race
Credits: Guillaume Gatefait | UpWind by MerConcept
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